Interviste

intervista xla tangente n.6 novembre 2007

intervista xla tangente n.6 novembre 2007

Abbiamo incontrato Tobia Ravà, pittore e scultore contemporaneo, per farci
raccontare come i numeri possano contaminare l’arte.
I rapporti tra produzione artistica e matematica risultano evidenti a chiunque
si avvicini alla sua opera;
XlaTangente ha cercato di scoprirne qualche segreto e, da qualche domanda per saperne di più, è nata un’intervista…
Eccola per voi!

XlaTangente
Cominciamo dall’inizio, come in ogni storia che si rispetti. In che modo le tue origini familiari hanno inciso il tuo essere oggi artista?
Tobia Ravà
Mio padre e mia madre hanno stimolato – in maniera molto diversa – la mia infanzia e la mia adolescenza. Mio padre era ingegnere edile e ora, in qualche modo, lo sono anche io, perché costruisco, a livello pittorico, delle architetture; egli era inoltre grande cultore della storia, del cinema, della geografia e di tutto ciò che aveva a che fare con il volo e l’aeronautica militare.
XlaTangente
Non a caso sei tra i fondatori di un gruppo di artisti denominato “Triplani”. Da tua madre invece che cosa hai preso?

Tobia Ravà
Da mia madre, di origine tedesca, ho acquisito l’amore per la letteratura. Da tutte e due però ho
assimilato la cultura ebraica. Per lei è sempre stato un percorso letterario, per mio padre essenzialmente l’amara
memoria delle leggi razziali, dalle quali era stato in un qualche modo traumatizzato. Mia madre ha avuto tutti e quattro i nonni morti in campo di concentramento e ha passato il periodo della guerra nascosta ai piedi del Monte
Grappa; la famiglia di mio padre si è salvata nascondendosi a Fermo, nelle Marche.

Insomma, mi hanno consentito una formazione ebraica fondamentalmente laica.

XlaTangente
Da che cosa dipende allora questa tua ricerca artistica che si collega strettamente alla
cultura ebraica?
Tobia Ravà
Be’, si tratta di un legame che nasce dalla mia formazione e dai
miei studi. Già negli anni Settanta, l’allora giovanissimo Benedetto Carucci venne
a Venezia e tenne un ciclo di lezioni ai giovani della comunità su Gershom Scholem
(logico, filosofo e intellettuale ebreo) e le correnti mistiche dell’ebraismo. Negli anni Ottanta, durante i miei studi al DAMS di Bologna, frequentai prima le lezioni del
rabbino Kopciowsky e poi
quelle del giovane Alberto
Someck.XlaTangente
Da che
cosa dipende allora questa
tua ricerca artistica che si
collega strettamente alla
cultura ebraica
Tobia Ravà
Be’, si tratta di un legame che nasce dalla mia formazione e dai
miei studi. Già negli anni Settanta, l’allora giovanissimo Benedetto Carucci venne
a Venezia e tenne un ciclo di lezioni ai giovani della comunità su Gershom Scholem(logico, filosofo e intellettuale ebreo) e le correnti mistiche dell’ebraismo. Negli anni Ottanta, durante i miei studi al DAMS di Bologna, frequentai prima le lezioni del
rabbino Kopciowsky e poi quelle del giovane Alberto Someck.
>Contemporaneamente e soprattutto durante lo studio per la tesi, che scelsi di fare in semiologia delle arti sull’interdizione visiva nell’arte ebraica, frequentai il rabbino veneziano Raffaele Grassini e le metafisiche lezioni bolognesi del rabbino Lubavich Borenstein. È buffo, ma uno degli stimoli più forti a farmi poi intraprendere studi che avessero a che fare con la Kabbalah non venne dall’ambiente ebraico, ma da quello universitario: da Piero Camporesi e da Umberto Eco. Con Camporesi feci una ricerca sull’iconografia delle Haggadot(testo rituale della Pasqua ebraica).Eco invece, durante un esame-fiume di semiotica, mi chiese – per sua curiosità personale – quali fossero le mie conoscenze sulla kabbalah luriana, ossia sul filosofo ebreo medievale Isaac Luria. Purtroppo non avevo ancora approfondito a sufficienza il suo pensiero… quindi non seppi rispondere! Però questo fatto mi rimase dentro e mi spinse, alcuni anni dopo, a studiare Luria e ora questo famoso cabalista di Safed è un cardine della mia ricerca. Soprattutto, lo sono i tre momenti della sua cosmogenesi: il “tzimtzum”, la “shevirà” e il “tikkun”.

XlaTangenteCi puoi spiegare in che modo tutto ciò ha a che fare con la matematica e la fisica?Tobia RavàIl “tzimtzum” – detto riducendo molto la complessità del pensiero luriano – è il momento in cui Dio crea l’universo e si rapprende esternamente, provocando un vuoto, atto a ospitarela nuova creazione, che è parte di sé ma altro da sé.Il secondo momento, la “shevirà”, è rappresentato dalla rottura dei vasi della conoscenza: la conoscen-za non è più contenibile e le particelle riempiono il mondo intero. Sia il “tzimtzum” che la “shevirah” siprestano a uno sviluppo e una rappresentazione grafico-pittorica, in quanto – come affermava Pitagora– ogni cosa del mondo, ogni elemento è riducibile aun numero ed ecco il parallelismo, secondo la “ghe-matrià” ogni lettera ebraica ha un valore numerico eogni parola è la somma dei valori numerici delle let-tere che la compongono. Il mondo è costruito con laparola e il mio interesse è decostruirlo analizzandoloattraverso il numero corrispondente.

XlaTangente… Per ricostruirlo poi sotto un’altraveste! Ma allora, anche se compaiono forme riconoscibi-li, come portici, piazze, architetture, boschetti, diventatutto molto concettuale. E il “tikkun” cosa rappresenta?Tobia RavàÈ il terzo momento della cosmogenesiluriana, un momento a venire. Rappresenta l’epoca messia-nica, nella quale non avremo più guerre e il lupo e l’agnel-lo pascoleranno assieme. Per arrivare a ciò, l’uomo diventa“socio di Dio”, al fine di portare a compimento la creazio-ne. Cercando di riqualificare se stesso, l’uomo innalza ilmondo intero a un livello superiore, atto a riacquisire lapossibilità a cogliere le scintille. I miei boschetti sono sem-pre ricavati da immagini di boschi piantumati dall’uomo, incui gli alberi sono posti a uguale distanza l’uno dall’altro:l’atto della piantumazione è simbolico del “tikkun”. Si rica-vano così delle lunghe fughe prospettiche, che generano deipercorsi.XlaTangenteIl tuo lavoro assume quindi un valoreetico-morale? Vista la concettualità del discorso che sot-tostà all’opera, come pensi che venga recepito dal pubbli-co questo messaggio?Tobia RavàNon intendo dare delle risposte assolute,ma penso che il mio lavoro possa suscitare in chi ne vienea contatto delle nuove domande, che prima non si era maiposto, e quindi – in questo senso – possa intrigare e servirea far riflettere su determinati concetti.XlaTangenteC’è un recupero della storia e del passato nelle tue opere. Forse uno di questi valori che vuoi

rispolverare è legato alla bellezza e al rispetto della natura, e di tutto ciò che l’uomo ha prodotto come risultato diconoscenze e saperi?Tobia RavàIl mio rapporto con la natura è panteisticonei termini in cui Spinoza può aver forse tratto propriodalla kabbalah l’equivalenza tra Dio e Natura.XlaTangenteVediamo un esempio. Ancora prima di Newton, all’inizio del XIII secolo,Leonardo Fibonacci scoprì che è possibile ritrovare nei fenomeni naturali unaprogressione numerica: nella disposizione e crescita delle foglie suglialberi, nella distribuzione a spirale dei “flosculi” delle margherite e dei semi di girasole,nelle pigne e negli ananas ein molte piante le cuifoglie crescono a spirale.Il rapporto tra una spiradel nautilus e quellasuccessiva è uguale alrapporto tra due nu-meri successivi di Fi-bonacci, che è circa1,618: il famoso rap-porto aureo. Nonsolo le piante, maanche gli animali e gliuomini hanno misureche rispettano esatta-mente questo rappor-to, come i segmenti dialcuni insetti. In unalveare, il rapporto trail numero di femmine equello di maschi è ugua-le a, così succede con iconigli, ma anche nelcorpo umano.Tobia RavàEsatto.Leonardo da Vinci fu il primoa scoprire che le ossa del corpoumano hanno tra loro, quanto allalunghezza, il medesimo rapporto checorrisponde alla proporzione aurea,come mostrò nell’Uomo vitruviano.Il rapporto tra due numeri di Fibonaccisuccessivi tende al rapporto aureo, osezione aurea, ed è stato assunto fin dal-l’antichità come canone di perfezioneclassica: il rettangolo i cui lati stannonel rapporto aureo (circa 1,618) inqua-dra perfettamente il Partenone, maqueste proporzioni si ritrovano anchenelle piramidi egizie e nei con-temporanei di Leonardo, co-me Michelangelo, Dürer,così come in Mondrian e inarchitetture recenti, quale ilpalazzo delle Nazioni Unitea New York. Gli artisti hanno

spesso operato seguendo questalogica, in maniera più o meno inconsapevole. IlpointillistaGeorge Seurat ne era perfettamente conscio, per non par-lare poi dell’uso che ne hanno fatto gli artisti contempora-nei come Mario Merz, Gino De Dominicis, AlighieroBoetti.XlaTangenteE non finisce qui, perché lasequenza di Fibonacci è abbondantementerappresentata anche nella musica, peresempio nelle Fughe di JohannSebastian Bach, nelle sonate diMozart o nell’Allegro Barbaro diBèla Bartòk. Ma forse l’esem-pio più elevato di applicazio-ne su vasta scala degli stile-mi improntati alla propor-zione aurea è dato dallaSagradella PrimaveradiStrawinski. Di recente cipare che tu abbia fattoun’interessante scoper-ta proprio riguardantela sequenza di Fibo-nacci. Che cos’è quelloche tu chiami “kad”?Ce ne vuoi parlare?Tobia RavàQuel-lo che viene de-finitovalore teosofico, giànell’antichità è il nu-mero che ci riporta aiprimi nove e quindi,ghematricamente, alleprime nove lettere del-l’alfabeto ebraico. Peresempio, 137 è due, quin-di “beth”, perché è lasomma di 7 più 3 più 1 chedà 11, e 1 più 1 è uguale a 2.Ho scoperto che se noi calco-liamo il valore teosofico perognuno dei numeri della sequen-za di Fibonacci, dopo una primaserie di 24 valori teosofici corrispon-denti ai primi 24 numeri della sequenzadi Fibonacci, i 24 numeri seguenti ripetonola stessa prima sequenza nei loro valori teo-sofici. Così fino al quarantottesimo e poi dacapo. Il “kad” (oj) la cuighematriàè ugualea 24, è il vaso, la “giara”, un sistema di misu-ra comune nell’antichità. Inoltre 24 sono ilibri, cioè il canone del “tanach” ovvero laBibbia ebraica; anche “ghevia”, ossia il tora-ce ha valore ghematrico 24. E questo cirimanda anche all’Uomo vitruviano.XlaTangenteTuusi anche icosiddettiquadrati magici, cheabbiamo visto recentemente inlavori di Clemente e Maraniello.Quale significato hanno all’inter-no delle tue opere?Tobia RavàNella struttura compositiva dei mieilavori ho inserito spesso i quadrati magici, in quanto, inrealtà, ho scoperto che sono l’espressione di concettibase della mistica ebraica: i più famosi – ovvero quellodel 65 e quello del 15 – rappresentano i nomi di Dio,quindi sono diventati mattoni fondamentali delle miecostruzioni.XlaTangenteDunque, che cosa sono in definitiva ituoi lavori?Tobia RavàForse sono delle macchine, cerco di individuare delle formule che ci mettano a contatto con unlivello più alto, magari con un’entità superiore. Con i mieipuzzle cerco di togliere le “qelipòt”, le scorze delle scintille, che ci danno solo la realtà apparente.In fondo, tutto torna in quanto, se si considerano, per esempio, l’acqua (“maim”), l’aria (“avir”), la terra (“adamà”) e il fuoco (“esch”), ovvero i quattro elementi, e si calcola la somma dei loro valori ghematrici si ha 658: proprio il valore ghematrico di “tehom rabbah”, il grande abisso dove unuomo cade per poi risorgere riqualificato in un camminoiniziatico, ma è anche il valore ghematrico di “batanur”, ilforno dell’alchimista, dove gli elementi vengono sciolti, ilcrogiolo da cui uscirà l’oro, non inteso nella forma fisica dimetallo, ma come traguardo della conoscenza.

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